Classe
1953, Facchinetti inizia la sua formazione artistica all'Accademia Carrara di
Belle Arti a Bergamo, frequentando i corsi di disegno e di nudo sotto la guida
del Prof. Mino
Marra. Anche il maestro Cesare Benaglia gioca un ruolo fondamentale nella crescita artistica del pittore lombardo, che frequenta dal 1985 all’89 il suo studio e il Gruppo Artistico Valbrembo. Fin dagli inizi, la sua arte è caratterizzata da un forte dualismo. L'astrattismo e la ricerca cromatico-formale, convivono con la ritrattistica e la capacità di cogliere l'essenza del soggetto. Il movimento fisico-gestuale dell'attimo in cui il colore si deposita sulla tela, è riconoscibile e parte fondamentale dell'opera.
Marra. Anche il maestro Cesare Benaglia gioca un ruolo fondamentale nella crescita artistica del pittore lombardo, che frequenta dal 1985 all’89 il suo studio e il Gruppo Artistico Valbrembo. Fin dagli inizi, la sua arte è caratterizzata da un forte dualismo. L'astrattismo e la ricerca cromatico-formale, convivono con la ritrattistica e la capacità di cogliere l'essenza del soggetto. Il movimento fisico-gestuale dell'attimo in cui il colore si deposita sulla tela, è riconoscibile e parte fondamentale dell'opera.
È sempre, profondamente meditativa la
pittura informale di Paolo Facchinetti. Ci racconta microcosmi impalpabili e
sfuggenti dove i colori hanno modo di rivelarsi omogenei e diluiti: promettendo
allo sguardo di chi li approccia stati d’animo quieti, rasserenati. Quando la
gestualità si fa eterea e leggera – vedi i cieli, che l’artista lombardo
illumina di uno spiritualismo quasi ascetico – a palesarsi sono nebulizzazioni
sovrapposte e stratificate che lasciano trasparire morbide carezze cromatiche
messaggere di albe e di tramonti. Quando invece il gesto pittorico è più
viscerale, ecco accendersi a colpi di spatola segni più tangibili, presenti,
materici. Vi sono, poi, cristallizzati nel bianco e nel nero filamenti e rami
che ci fanno tangibilmente percepire una natura che si aggroviglia. In ogni
caso, l’abilità di Facchinetti consiste nell’orchestrare con maestrìa fasci di
luce e coni d’ombra – aggiungendo gli uni, sottraendo gli altri e viceversa –
ponendosi un solo obiettivo: sorprenderci, silenziosamente, con rarefatta
poesia.
Stefano
Bianchi