Tre artiste del panorama
contemporanea. Tre modi di metabolizzare la città al femminile con la scultura,
la pittura e la fotografia d’autore.
Federica Manenti fotografa il
brulichìo della vita quotidiana. Ci guida, con la serie di scatti Life In Still
Life (Live), lungo un percorso visivo che cattura lo “stop & go” di persone
che salgono, scendono, interagiscono fra loro, si ignorano, socializzano,
camminano solitarie. Lo spazio è bianco latte, ogni particolare superfluo è
stato cancellato. Non c’è skyline sullo sfondo né esistono strade, incroci,
edifici, marciapiedi. Qualche barriera, semmai. Qualche scorrimano a
circoscrivere (o a rendere labirintico) il va-e-vieni di queste comparse che
chiedono di essere seguite/inseguite dal nostro sguardo. Di questo coagulo
d’identità che “indossano” macchie di colori forti, caldi e poi freddi per
farsi notare, percepire, comprendere.
Annalisa Fulvi dipinge la città che
muta pelle. Appropriandosi dei “lavori in corso”, ci svela le aree urbane che
si trasformano demolendo in parte il passato per poi ricostruirsi; occupando
nuovi spazi per potersi rigenerare. Ogni sua osservazione è il principio di una
libera pittura architettonica dove edifici, ponteggi e nuclei abitativi si
allineano e sovrappongono delineando superfici, geometrie, vulnerabilità. Ogni
quadro è un paesaggio nel cuore o ai margini metropolitani; una messinscena che
ingloba prospettive insolite, sperimentazioni astratte, pennellate gestuali,
colori fluorescenti mutuati dalla Pop Art, oggetti seriali dall’effetto
“magrittiano”.
Eleonora Bortolami crea case-nido, case-tana,
case-conchiglia. Ci si sente protetti e coccolati, dentro. Le sue Villette a
schiera, fra arte e design, sono abitazioni-tipo inserite in città-modello;
fantasiosi microcosmi Optical che ognuno può scegliere azzerando consumismo,
materialismo, sprechi, abusi edilizi. Non hanno porte né finestre, ma esprimono
il candore di un mondo fiabesco e spontaneo come i giochi della nostra
infanzia, dove sarà psicologicamente bello tornare ad abitare.